demetra prima
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I Racconti del Milese: Il Guerriero dell'Isola Incantata
Per una teoria Polifonica e multitestuale del Racconto. Un vento forte soffiava dal mare, il guerriero rivide tutto ciò che era stato e che More
Per una teoria Polifonica e multitestuale del Racconto. Un vento forte soffiava dal mare, il guerriero rivide tutto ciò che era stato e che non poteva essere più modificato, tutta una serie di quadri e riquadri che riguardano il suo passato vedeva tutto come da una finestra appannata dalla nebbia ma era impotente rispetto a quello che vedeva, non poteva fermare alcuna immagine, poteva solo intravedere la verità. La ricerca della sua Daisy rapita dai predoni del mare; il naufragio in groppa alla balena; la ricerca di un faro o di una torre, la costa, i guerrieri, il sangue, l'eco di battaglie antiche, gli incappucciati, i suonatori di flauto, i cantori della montagna, i cavalieri, le ardie, la proibizione dell'incappucciato, la processione del santo, lo smarrimento nei sentieri che si diramavano nella grande foresta, la torre, la torre nera, la battaglia con il toro, la trasgressione, la sconfitta con il suo doppio, ed infine la punizione ed il castigo, il processo degli incappucciati, la follia virtuale e poi... Musiche tratte da Van Der graf Generator The least we can do is wave to each other: darkness -- refugees. (1970) Teseo era finalmente arrivato lungo la costa che lo accoglieva dipinta di verde turchese, profumata di mirto e rosmarino e ricamata dalle cipolle selvatiche che si distinguevano tra le euforbie e gli elicrisi che rendevano l'isola diversa da tutte le isole del mondo. Teseo era capitato li per caso, in groppa ad una balena addormentata che insieme ai suoi amici aveva scambiato per un'isola ma che poi era diventata una trappola, infatti dopo aver acceso dei fuochi sulla groppa del animale mitologico erano precipitati verso il basso, verso il ventre della terra. Il mostro marino si era immerso nell'abisso. Il nostro eroe ed il suo aiutante riuscirono a nuotare per tre giorni e tre notti prima di toccare terra. Ravi shankar La costa lo lasciava senza fiato, vedeva tutta una serie di sentieri che piccoli come granelli di sabbia si diramavano come un ginepraio verso il monte e verso oriente. Così poteva intravedere un interminabile serie di spiagge intervallate a falesie ricche di grotte, rifugi ed anfratti. Il terreno ideale per nascondersi dal mare o dal suo linguaggio. Ma la vera paura del nostro eroe era l'assenza del mare, noi siamo cittadini del ventre del mostro che chiamiamo mare e siamo perciò sott'acqua, per questo la pesca dei vangeli è la pesca degli individui e per questo era importante che lo stesso Gesù Cristo comandasse alle acque del mare. In molte storie che gli venivano raccontate da piccolo i popoli erano spesso tormentati da un mostro che si inghiottiva il mare, che veniva successivamente forzato a vomitarlo perché l'acqua era un elemento irrinunciabile per la vita dell'uomo. Lui aveva intuito che era capitato nel ventre del mostro e per questa ragione avrebbe dovuto morire, ma non aveva fretta, e perciò decise di affrontare tutti i sentieri che circondavano l'isola. Si voleva parlare appunto di una sera di settembre, il 21 settembre del 2033, ci trovavamo lungo la scogliera assenti ed indecisi, io e quella bestia, voi vi chiederete, quale bestia, ne parleremo dopo. Passavamo per caso affascinati dal pianto di una donna, voi vi chiederete perché affascinati, ne parleremo dopo, mentre stavamo camminando tra le barche e i vascelli diroccati una luce proveniente dalla collina ci indicava un percorso, un leggero sentiero che saliva. Teseo continuava a camminare lungo il margine della scogliera, mentre riecheggiava il pianto di una donna, sembrava la sua Daisy e decise di proseguire costeggiando una piccola insenatura sassosa, qualche metro più avanti era un sentiero accidentato che portava alla spiaggia che precedeva altre spiagge e altri mondi possibili, il terreno era infido e scivoloso perché bagnato dalla pioggia che cadeva fitta ma non impediva la vista di tutta una serie di scogliere, ultimo rifugio di aquile reali che gli isolani chiamavano astori. Gli astori volavano verso l'alto, mentre il mare come una fisarmonica ringhiava testardo, testimone di mille battaglie che si erano consumate in quella scogliera dove i Shardana erano stati padroni, dove gli arabi, i turchi, i fenici e i romani aveva assaporato cocenti sconfitte. In quelle costiere i pisani ed i genovesi, aiutati dal maestrale avevano distrutto le flotte di Museto mentre qualche secolo più tardi i Doria erano stati annientati dagli spagnoli, per questo la chiamavano l'isola del diavolo e per questo il mare rispediva le carcasse delle feroci battaglie che si erano consumate tra i suoi mortali tentacoli.. Immediatamente sotto di lui gli aironi volavano alti senza complessi di subalternità nei confronti degli uomini e del mare che in burrasca eruttava tutta la sua forza distruttrice e minacciosa. La scogliera era in sinistra attesa di un campo di battaglia ed egli avvertiva che qualcosa stava per accadere, ebbe un esitazione forse una voglia di tornare indietro, ma il volto della sua amata lo sospingeva verso l'alto. La curiosità lo aiutava ad andare avanti. Noi ci inerpicammo insieme, io e l'animale di cui prima, mentre aroma di cipolla selvatica, di mirto e rosmarino confondeva l'aria e lo sguardo. Arrivati a metà percorso un incappucciato ci fermò e ci disse - di dove siete voi -- - noi non sapevamo cosa dire perché noi eravamo del mondo. L'animale incuriosito disse: - che lingua parla costui, perché parla diversamente da noi! io parlo la lingua dei suoni e degli oggetti, pensai ma non proferii alcun suono - Teseo realizzò che l'uomo gli aveva proibito di toccare qualsiasi cosa che appartenesse all'isola: i fiori, le cose e le bestie. Doveva rispettare tutto perché tutto apparteneva a Dio e loro stessi erano una parte del cerchio. Seguimmo i gesti dello strano personaggio. Non capimmo ma lo seguimmo non avendo troppe scelte o mosse da fare. L'uomo ci condusse verso l'alto. Il profumo della balena ci aveva ingannato e colpito nella nostra immaginazione, eravamo rimasti tre giorni e tre notti nel ventre del pesce eravamo riusciti a uscirne fuori ed ora una nuova proibizione ci impediva di agire liberamente. Gli incappucciati si allontanarono e li lasciarono al loro destino. Non prima di aver proferito le seguenti parole: non toccate nulla! L'isola è nostra e deve rimanere intatta! Non dovete toccare gli animali che volano e le bestie con le corna, ricordatevelo! O ve ne pentirete amaramente, fece un altro! Rispettate l'isola! La nostra isola! Guai a voi se toccate i luoghi sacri del nostro dio! disse uno di loro con una voce cavernosa e triste! Teseo li vide allontanarsi con un passo lento ma deciso con i fucili alle loro spalle e dopo qualche istante realizzò che il suo aiutante lo aveva abbandonato. Teseo volse la testa e realizzò che era rimasto solo, il sentiero portava ad un interminabile vallata dove erano incastonati tutta una serie di melograni, il suo aiutante lo aveva abbandonato. Sentì che il destino stava tramutandosi in tragico. Avere perso l'aiutante significava essere senza guida spirituale, senza un bastone o una stella da seguire, la solitudine era mancanza di comunicazione per lui. Si senti improvvisamente solo, tra i melograni ed il mare che vociava furioso. La stessa presenza dei melograni lo portava ad un condizione di esitazione ed incertezza perché il frutto che guardava rappresentava la bellezza delle donne che non aveva amato, richiamava a tutte le dee della terra: Giunone, Astante, Artemide, Elettra, Demetra, Proserpina e Atena, ma allo stesso tempo i frutti del melograno richiamavano i frutti dei martiri rinchiusi in un unico guscio. Martiri che avevano lasciato il segno della fede nell'isola i martiri che avevano difeso la parola del vangelo, San Gavino, Sant'Efisio, san Martino, san Lussorio, i santi Proto e Gianuario. L'isola era fortemente marcata dalla fede e dal culto dei santi. E di questo Teseo ne era consapevole avvertendo la presenza del sacro. Dietro i melograni si intravedevano alcune file di mele selvatiche e non molto lontani da esse emergevano alcuni massi di pietre cultuali a forma di obelisco e di palma che i sardi adoravano prima che cristo fosse ospitato nella terra. Pur essendo privo di scudo, elmo, spada e lancia decise di proseguire anche se si sentiva un cavaliere dimezzato, senza mantello e senza forza. Teseo si mosse verso quella direzione, quasi disegnata dalle pietre lunghe piantate dal terreno. Penso alla sua daisy era la vita le parve improvvisamente infelice. Improvvisamente la sua attenzione si concentrò su una strana musica che sembrava provenisse dalle grotte e dagli anfratti della montagna, il coro che udiva era gutturale, lamentoso e allo stesso tempo grottesco, sembrava che imitasse gli animali che erano più vicini all'uomo, il bue, la pecora ed il cane. Le voci cambiavano il ritmo e l'altezza del suono, assumendo toni che sembravano scherzosi e tragici. Forse erano i canti dei giganti che erano stati sotterrati nell'isola. Coloro che proteggevano l'ossidiana e l'argento, la terra di Amsicora, dei Shardana, di Argirofleps, di Ichnussa. I sentieri conducevano ai cerchi di pietra e ad una serie infinita di massi di grandi dimensioni e di pietre finte che segnavano il cammino. Il percorso era sacro, si chiese perché e per chi cantassero quelle strane voci, cosi terribilmente malinconiche e sole. Capì che qualcosa di grande stava accadendo in quella parte dell'isola. Coro di orosei Una musica gaia e felice invitava tutta la vallata alla danza sembrava quasi un richiamo megalitico ancestrale, i dolmen, i cerchi di pietra, le pietre finte, tutto assumeva un passo di danza, suono magico, suono cultuale, suono dei campi e del raccolto, suono che sapeva di canna e profumava di vite, di mirto e di alloro. Raccoglieva in se tutti i profumi della costiera e delle montagne che la circondavano. Sembrava che il suono richiamasse eventi soprannaturali, e gli uomini a raccolta, lo zufolo a tre canne dava il ritmo al santo che sembrava ballasse tra la folla, la terra e il cielo. Lo strumento a fiato faceva volare le note che si propagavano in tutti i paesi della costiera che doveva acclamare San Gavino. Magari il suono aveva la funzione di cacciare dall'aria i folletti, gli gnomi e le anima cattive che si manifestavano nell'aria. Carrus billy sechi I muggini e le anguille erano le vittime sacrificali di queste grandi feste in onore dei santi che venivano glorificati nell'isola e quando iniziava l'anno agrario era tutto un susseguirsi di feste e tra questi non poteva mancare san gavino che veniva festeggiato in tutta l'isola. Il santo ballava, cantato dalla folla mentre un inconfondibile profumo di arrosto si manifesta tra la collina e il mare. Teseo decise di seguire la processione ed il santo. Teseo improvvisamente si sentì solo tra la folla, perduto nel nulla, ma allo stesso tempo spinto a cercare nuove soluzioni, nuovi percorsi di senso. Scomparve dalla processione, mentre Gavino si allontanava lentamente e rimpiccioliva alla vista progressivamente, dietro il santo una fila interminabile di cavalieri con gli stendardi e le bandiere lo scortava all'infinito. Capì che lo attendeva una grande sfida e si diresse verso la direzione giusta. Cammina Cammina per tre giorni e per tre notti raggiunse il lato opposto della costa dove nuovi percorsi narrativi e nuovi eventi lo avrebbe portato al grande duello. Oltre la costa era la torre che dominava leggiadra, leggera come una piuma, una torre di fuoco, un faro luminoso per avvisare le imbarcazioni che provenivano da oriente, da dove provenivano i predatori delle coste, i corsari ed i pirati del mare. Era in quella direzione che il nostro eroe voleva andare con passo tremante, ma con occhi furenti. Teseo non aveva niente da perdere perché il suo cuore era sul viale del tramonto, gelido come una pietra, come la notte che avanzava furente e perduta, la notte oscura dell'anima. Ennio morricone, per un pugno di dollari Teseo volse la testa e vide un sentiero che si diramava verso una montagna aspra ed impervia. I suoi nonni spesso di fronte al focolare gli avevano parlato della grande foresta e dei segreti che si celavano nelle montagne, aveva quindi un sacro rispetto a tutto ciò che elevava verso l'alto. Teseo decise di seguire il sentiero per capire meglio ciò che accadeva. Improvvisamente il paesaggio cambiò aspetto ed in lontana Teseo rivide la torre e dietro la torre tanti altri sentieri e tante altre scogliere e dietro loro il mare minaccioso ed infedele. Il nostro eroe era incantato dalla bellezza della torre nera che illuminata dalla luna veniva tramutata come se fosse una lampada rossa, fiammeggiante ed incandescente. Una torre, tante torri, una costa, in una sera di novembre, un tocco di rugiada, un elmo, uno scudo, una lancia, un soffio tra gli alberi ed io, io sono un guerriero.
HideIl Mito della Sirena The Myth of Sirena
In italiano il termine «sirena», così come in molte altre lingue di tipo romanzo, indica una figura antropologica metà pesce More
In italiano il termine «sirena», così come in molte altre lingue di tipo romanzo, indica una figura antropologica metà pesce e metà donna, chiamata «mermaid» ("vergine del mare") in inglese. Questa figura è quella che popolarmente è associata al termine in questione, grazie anche a molti libri, pellicole e cartoni animati. Nella tradizione orientale, risalente al 1000 a.C., la sirena è metà uccello e metà donna. In questa antica tradizione, che indica piu' chiaramente le arpie, esse attiravano, i marinai con il loro canto facendoli naufragare sugli scogli delle loro isole rocciose, pronte a rapirli e a divorarli. Le arpie erano mostri in grado di creare burrasche marine sotto forma di terribili venti, impersonando divinità infernali che derubavano l'anima di chi stava per morire. Ambedue le tradizioni quindi possono raffigurare sempre le arpie e non le sirene, vista la similarita' fra i due connotati. Secondo alcuni miti greci, esse erano figlie di Acheloo e Mnemosine, o Calliope, o Tersicore. Secondo altri, furono generate da tre gocce di sangue perse da Acheloo durante un combattimento. Inoltre, sempre secondo alcuni miti, furono trasformate in tal modo da Demetra per poter cercare Persefone rapita da Plutone (o per punizione per non aver saputo evitare il ratto) o "secondo altri" furono trasformate dalle Muse poiché battute nel canto. Altri miti ancora affermano che Afrodite le avesse punite trasformando la metà inferiore dei loro corpi in uccello perché rifuggivano dai piaceri carnali. Le Sirene sono menzionate per la prima volta da Omero. Nel poema sono due mentre altri autori posteriori ne ricordano quattro: Telete, Redne, Molpe e Telsiope, oppure tre: Pisinoe, Aglaope e Telsiope, conosciute anche coi nomi di Partenope, Leucosia e Ligia. Con il loro canto affascinavano i marinai che erano indotti a schiantarsi sugli scogli dell'isola dove vivevano (identificata con gli scogli di Li Galli, poco a sud della penisola sorrentina). Solo due navi sfuggirono alla morte: quella di Ulisse, di ritorno dalla guerra di Troia, e quella degli Argonauti. L'eroe di Itaca, consigliato da Circe, tappò le orecchie dei compagni con la cera e si fece legare per poterne ascoltare il canto, mentre la nave degli Argonauti si salvò grazie alle doti canore di Orfeo che le batté nel canto; in tale occasione le sirene si buttarono in mare per lo sconforto e furono trasformate in sassi. Si dice che il canto delle sirene rendesse i marinai che l'avevano ascoltato più saggi a causa della loro omniscienza, e che il loro canto potesse addirittura fermare i venti. Nei mari europei, le sirene sono state avvistate dall'antichità fino a tempi piuttosto recenti (inizio '900) nel Mar del Nord, nell'Oceano Artico e nell'Oceano Atlantico. Ci sono stati anche vari avvistamenti nell'Oceano Indiano e nel lontano Oceano Pacifico. Nell'Irlanda medievale e nel folklore nordeuropeo la figura delle sirene (mermaids) ebbe larga diffusione e vennero rappresentati anche i sireni (mermen), conosciuti anche come tritoni. È stato ipotizzato che la sirena fosse in realtà una specie di mammifero marino, il dugongo, che in antichità era diffuso anche nel Mar Mediterraneo e che avrebbe in comune con le sirene le ghiandole mammarie toraciche e l'abitudine di allattare i cuccioli reggendoli con le pinne anteriori: ciò avrebbe fatto immaginare agli antichi marinai mediterranei le leggende delle sirene. Restano però inspiegati i racconti sulla loro voce melodiosa e sulla loro bellezza, che sembrano cozzare in gran contrasto con le caratteristiche del Dugongo. Questa tesi contraria è avvalorata da una celebre frase che Cristoforo Colombo pare abbia detto molti secoli più tardi, nelle quali si faceva riferimento ad un piccolo gruppo di Dugonghi come "brutte sirene". Un altro punto debole della teoria del Dugongo sta nel fatto che le sirene sono state avvistate in diversi tempi, dall'antichità fino a tempi molto recenti e anche in tutte le altre parti del mondo, come prima menzionato e riportate nelle culture di molti popoli asiatici e americani oltre che europei o mediterranei, mentre il Dugongo, per quanto un tempo sia stato diffuso anche nel mediterraneo, non fu mai diffuso in tutti gli oceani e i mari del mondo, come provato sia in passato che in tempi recenti. Bisogna valutare oltre i pro, anche i contro della teoria dugongo-sirena.
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